
Orbene, ordunque, orsù. Dopo tanto aspettare, eccomi giunta alla fine di questa romanzo.
Le aspettative erano molto alte – la maggior parte delle quali sono state raggiunte – ma vorrei affrontarle per bene, una ad una.
Io ho letto la versione non cartacea – in tempi di magra, il Kindle lo amo – e sebbene, solitamente, io preferisca la carta al digitale, devo dire che stavolta non ne ho sentita la mancanza. Insomma: quando un libro riesce a catturarti, c’è poco da fare.
La canzone di Achille non nasce da una mente qualsiasi: la scrittrice, che ha una formazione classica e insegna greco e latino alle superiori, ha studiato per anni col fine ultimo di scrivere una storia il più possibile fedele al racconto epico da cui è tratta. Dieci anni le son voluti per questa prima opera; dieci. Sì, lo sappiamo: è la storia di Achille e Patroclo scritta dal punto di vista di Patroclo. Ma è proprio questo a renderla una storia da leggere? Secondo me, no. Partiamo per gradi.

Sono approdata a questo romanzo dopo aver letto Circe, sempre scritto da Madeleine Miller e che considero uno dei libri più belli letti negli ultimi anni, non solo perché conservo in me una grande passione per il mondo classico da quando sono bambina e che questo libro mi ha risvegliato, ma anche, e soprattutto, per la dolcezza e la melodia che traspare da ogni frase e parola. La canzone di Achille, da questo punto di vista, non mi ha deluso, anche se non ho molto apprezzato le parole messe in bocca ad Achille, che per la maggior parte della storia sembra possedere l’empatia di un sasso. Va bene che è un eroe, ma bastava davvero un filino in più di enfasi per dargli quello spessore in più che ho sentito essergli mancato. Ecco, questa è la prima ma anche l’ultima critica che sento di muovere a questo romanzo.
Ne ho lette di ogni, recentemente: da “non sapevo di essere in un harmony” a “l’autrice ha frequentato troppo spesso Wattpad”, le recensioni si sbizzarriscono. Io, sinceramente, harmony non l’ho trovato. Certo, non aspettatevi scene di guerra e di trucidazioni col sangue che proprio lo vedete spruzzare a destra e a sinistra. La guerra è affrontata con dolcezza, non so come altro descriverla, esattamente in linea con tutta l’atmosfera del romanzo. Ricordiamoci che, in fin dei conti, è una storia d’amore. Alla luce di ciò, dico: è fedele alla vera storia, porta alla luce una relazione amicale – che in antichità aveva un labilissimo confine con l’amore, come ci ricordano i filosofi -, porta il mito agli occhi dei giovani, rendendolo più accessibile, forse più comprensibile. È davvero un demerito? No, non lo è. Ben vengano i romanzi scritti bene che modernizzano il linguaggio dell’epica. Ben vengano.
Lunghezza: 382 pagine
Genere: Romanzo/Fiction storica
Votazione personale: ✮✮✮✮✮
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