Perché Peter Pan non è un racconto per bambini

Mi sono approcciata a questo libro con una certa dose di aspettative. Certo, come darmi torto: con le storie che pensiamo di conoscere, e soprattutto che hanno fatto parte dell’infanzia, è difficile che non sia così. T’affezioni, non c’è verso. E il fatto stesso che esistano nel mio immaginario delle versioni di Peter Pan diverse da quella in esame non può certo esimermi dal tenerle il considerazione. Assolutamente no: sono cosa necessaria, io credo, per una completa comprensione della mia recensione.

Innanzitutto occorre precisare che non mi ha totalmente deluso, questo no. Ma a volte Barrie, anche se invidio la sua immaginazione, mi pari che esageri un tantino, affaticando eccessivamente la mente del lettore. Basta che tu ti distragga un momento che son successe tremila robe e di quel che c’era prima, tempo tre righe, non c’è nemmeno il ricordo.

© Herbert Barraud

La prima stesura della storia è stata scritta da James Matthew Barrie nel 1902, dove Peter viene presentato come un neonato. Diventa un adolescente nelle stesure successive, di cui fa parte l’ultima datata 1911, Peter e Wendy, da cui sono tratte le trasposizioni animate e cinematografiche che oggi conosciamo. Il libro Peter Pan è sempre riferito all’opera del 1911.

Per un approfondimento su chi sia Peter agli occhi del suo creatore, Barrie, rimando a una puntata del podcast di Carlo Lucarelli, In compagnia del lupo, dove la figura dell’angelo della morte è approfondita e ben spiegata. Peter non è, infatti, un allegro bambino che fugge dalle regole perché voglioso di godere di un’eterna felicità – incarnata dalla gioventù – ma un essere in pena, pieno di sofferenza, di difficoltà, di limiti e di incapacità. Nel libro tutto questo è palpabile, e non c’è scena in cui Peter non agisca in modo strano, quasi disturbante. E io, che mi aspettavo un viaggio meraviglioso verso l’Isola che non c’è, ho davvero avuto i brividi a immaginarmi la figura di questo ragazzino così imprigionato in sé stesso al punto di rappresentare un pericolo dal quale fuggire per Wendy e i suo fratelli.

Quel che so è che se partivo dall’idea che avrei tanto voluto leggere questo libro a dei futuri bambini, ma adesso non ne sono tanto certa. Anzi, direi proprio di no. Sono contenta di come sia stato rielaborato dalla Disney e da tutti i registi che ne hanno voluto fare una trasposizione cinematografica e mi sento di dirvi che, se non volete leggere il libro, non vi perdete niente. O meglio: leggetelo da adulti, e se avete dei bambini, prestate molto attenzione alle descrizioni e a ciò che succede. Perché le parole, al di là delle avventure, sono molto, molto importanti, e ad aggiungersi alle azioni quasi diavolesche di Peter vi è anche un rapporto col concetto stereotipato di madre che non solo è arcaico, ma è anche, parecchio, disturbante. Passa un’idea di donna un po’ all’antica: relegata in casa, l’unica fonte di amore per i bambini, donna il cui unico scopo è quello di mettere al mondo figli ed essere madre, come se vi fosse una naturalità.

Per questo ultimo punto mi chiedo: il tempo in cui è stato scritto può forse giustificarlo? Sì, se pensiamo al Barrie scrittore: figlio del suo tempo, va bene così. Ma io sono dell’idea che l’opera d’arte, una volta conclusa, viva di vita propria. E la vita propria di questo libro – da scindere forse dalla storia, che comunque ha cominciato a camminare in modo indipendente dalle pagine che l’hanno partorita – non s’incastra alla perfezione con la società contemporanea. E poi, diciamolo: quello che si racconta ai bambini ha il potere di condizionarli nel profondo. Ocio.

Una cosa che certo non vi perdete è lo spavento nel leggere che Uncino, di nome, fa Giacomo. E ho detto tutto. Traduttore: non ti perdonerò mai. Ma poi: perché italianizzare tutti i nomi? Non mi stancherò mai di dirlo: T A G L I A T E G L I L A T E S T A !

Insomma, avete intuito oppure no quale sarà il prossimo racconto per bambini che andrò a leggere?

Con l’Isola che non c’è sempre nel cuore,

Vi abbraccio.

Poster del film del 1924

PS: Ma lo sapevate che la prima trasposizione cinematografica di Peter Pan risale al 1924 e si trattava di un film muto? Peter venne portato in scena da Betty Bronson, attrice scelta per il ruolo da Berrie in persona. La copia del film viene conservata negli archivi dell’International Museum of Photography and Film al George Eastman House.

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Una replica a “Perché Peter Pan non è un racconto per bambini”

  1. […] tre puntate: – Peter Pan, l’angelo della morte, di cui vi avevo parlato anche nella recensione del libro. – Le streghe son tornate. – Hansel e Gretel, la vera storia, con un plot […]

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