Pioggia leggera, ma inizia l’estate. Psicologia, io ringrazio te.

Non pubblico da qualche mese, ormai, e sebbene ami questo spazio che coloro e addobbo a mio piacere, cosa che non mi è riuscita bene neanche con la mia cameretta fisica, quando ero bambina, ho avuto la mente occupata da altro, e il blog è passato in terzo piano, neanche in secondo. La pagina Instagram sono invece riuscita ad aggiornala periodicamente, e lì trovate tutte le recensioni dei libri letti dall’ultima volta in cui mi sono fatta viva qui. Vi lascio il link e un esempio di post che potete trovarci:

Recensione de L’incubo di Hill House, @giuneitesti

Questo post sarà prettamente di chiacchiera. Cosa sto facendo? Dove sto andando? Tiriamo un po’ le fila, adesso che un altro anno è finito – perché, diciamoci la verità, potrà anche esistere il Capodanno e blablabla, ma gli anni veri terminano a giugno, in concomitanza con la fine della scuola, o sbaglio?

Tre cose sono cambiate quest’anno rispetto al precedente: mi sono ritrasferita a Torino dopo un anno in Toscana, mi sono iscritta alla Scuola Holden e ho aperto una pagina Instagram in cui parlo di libri. Ogni variabile si è fatta vascello di incontri, nuove esperienze, realizzazioni, difficoltà, tentennamenti, emozioni. Ma, adesso che è passato un anno e riesco a guardare indietro, non avrei potuto prendere decisioni migliori. E nel mezzo sono anche riuscita a laurearmi! Io! Davvero! Una roba così io non mi sentivo capace di farla, quando mi sono iscritta. Ma ancora una volta la vita mi sorprende, e in positivo.

Sapete perché per me è importante scrivere questo articolo e parlare di me? Io, di tutto ciò che riguarda ciò che faccio e ciò che penso, ho provato una gran vergogna per tutta l’adolescenza. E anche adesso una parte di me è lì che mi sussurra di smettere di scrivere, che tanto non interessa a nessuno. Eccolo, l’errore: il fatto è che non devo fermarmi perché penso che ci sia un ipotetico nessuno a cui non interessa, perché esiste sicuramente, ma se a me qualcosa piace farlo, e nel farlo non faccio male a nessuno, devo continuare in quella direzione. Siamo su questa terra per divertirci, o perlomeno provare a interporre del divertimento in mezzo a tutto quel che ci capita, alle beghe del normale vivere.

Fare questa cosa qui – scrivere di me, scrivere di libri, raccontare quel che mi succede – mi fa stare bene.

E quindi la faccio. Non la leggerà nessuno? Ciao, nessuno! I ciclopi non mi stanno molto simpatici, ma possiamo approfondire la questione insieme.

Ne stavo parlando ieri con la psicologa: mi è stato insegnato che usare la parola “io” è sinonimo di egoismo, di stupidità; mi è stato detto che “io lo dicono solo gli asini”, che ci si deve ben guardare dal suo uso. Così ho smesso di scriverlo, poi di usarlo con la voce, finché sono arrivata al punto di pensarlo e colpevolizzarmi per questo. Il mio io è stato soffocato dal mio stesso io. Bizzarro, non trovate? Eppure così è stato. Questo blog è una risposta a questo insegnamento, e lo stesso vale per la pagina Instagram. Tutto ciò che mi fa dire: “Io esisto”, è una risposta a un meccanismo malato che si è instaurato in me quando avevo undici anni.

Quindi capite quando dico che devo continuare a farlo, nonostante creda che non ci sia nessuno a cui interessi?

Capite quando dico che non posso fermarmi, neanche quando le incombenze della vita sembrano soffocarmi?

Questa ampia introduzione solo per dirvi che andare dalla psicologa – il femminile è usato solo perché nel mio caso è femmina, non certo perché creda che non esistano bravi psicologi – non solo è alla base di una mia presa di coscienza dei meccanismi della mia mente imprescindibile per stare al passo col fluire della vita, ma che determini il mio essere adesso una persona funzionale.

Per dieci anni ho sofferto di depressione. L’hanno scambiata per disturbo bipolare, e per poco non mi hanno costretta a prendere gli psicofarmaci. Sia chiaro, io ne sostengo l’uso, se la diagnosi è ben fatta e il professionista al quale ci si affida si è conquistato la nostra fiducia. La mia professionista di riferimento non aveva le competenze per fare diagnosi, eppure con molto insistenza mi sventolava sotto gli occhi grondanti di lacrime il litio che aveva prescritto all’altra sua paziente e che l’aveva fatta stare benissimo. Vi rendete conto? Io da lì sono fuggita, ma le sue parole sono rimaste con me per anni. Bipolare, mi dicevo. Sei bipolare e sei condannata a stare male per sempre.

Ma la diagnosi non mi convinceva, e quindi ho continuato a portarmi avanti i chiari sintomi della depressione fino a quando non mi sono trasferita a Torino – non quest’anno ma quattro anni fa, quando ci sono arrivata per la triennale, trascinata per i capelli dal mio ragazzo – ho cominciato un nuovo percorso di psicoterapia, e ho cominciato a rinascere. Ho scoperto che la diagnosi era farlocca e ho imparato a sanare il tossico che mi portavo avanti da molti anni.

Quest’anno succederà qualcosa di meraviglioso: andrò al mare. Non ci vado da sette anni. Quest’anno è deciso: ci vado. Me lo merito. Tutti, in realtà, ce lo meritiamo. E quindi a fine luglio partiamo. Non vedo l’ora.

Direi che ho parlato abbastanza. Torneranno le recensioni sui libri, ne ho tantissime in serbo per voi e devo solo obbligarmi a digitare sulla tastiera il nome del blog, scriverle e pubblicarle.

Intanto vi auguro una buona estate.

Qualsiasi cosa stiate vivendo,
in qualsiasi luogo siate
e in qualsiasi stato d’animo vi troviate,
siete meritevoli di ogni coccola e gesto d’amore
sia stata inventato dall’essere umano.

Un bacino,

g

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