
“Lui ha detto: Mi dispiace, ma non posso mica parlare come qualcuno che non sono. Non sono mica un’altra persona. e fossi un’altra persona, puoi scommetterci che non sarei certo qui. Se fossi un’altra persona, non sarei io. Ma sono quello che sono. Non lo capisci?”
Avete presente i libri che lasciano un vuoto? Storie che vi prendono e poi, finendo, non scompaiono del tutto?
Cattedrale contiene dodici racconti di varia lunghezza. I personaggi sono imperfetti e disastrati, sono anonimi, sono divorziati, sono alcolizzati, sono disoccupati, sono feriti e amano e vivono secondo schemi culturali.
Non vi fidate di chi dice che i racconti di Carver non parlano di niente: ci sono trasformazioni, qua dentro, e il fulcro di ciò ci rende umani. Un fatto, per me, non ha bisogno di urlare per accadere.
C’è una coppia che perde il figlio, un pasticcere arrabbiato per un mancato ritiro, un uomo che si rende conto di essere arrabbiato. C’è un pavone che gioca con un bambino, un cieco che fa visita a un’amica, una donna che aspetta un treno. Ci siamo noi dopo che la vita si svela – malati, tristi, soli, con scheletri e cicatrici, e tante, sicuramente troppe, scuse.
Se vi piacciono le serie antologiche tipo Modern Love, Cattedrale fa per voi. Se vi piace una scrittura lineare, realistica, incentrata sul quotidiano e sulle relazioni, Cattedrale fa per voi. E sì, soprattutto se vi piacciono i racconti.
L’umanità rappresentata da Carver risponde dell’eteronormatività e della mononormatività che tutti conosciamo. Figlio del suo tempo? Ahimé, sì. Ma vuole essere specchio di una società in un dato tempo, e non lo leggo come demerito.
Avete mai letto qualcosa di Carver? Quali sono gli autori che per voi rappresentano bene gli Stati Uniti degli anni ‘70/‘80?
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